
Il governo italiano ha depositato presso la Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja la propria memoria difensiva in merito alla controversa vicenda del comandante libico Njiiem Almasri. La notizia è stata appresa da fonti dell’esecutivo. Almasri era stato arrestato in Italia per poi essere rimpatriato con un volo di Stato, una decisione che aveva sollevato interrogativi e critiche a livello internazionale. Il governo italiano aveva precedentemente ottenuto una proroga per la presentazione della documentazione difensiva, con la scadenza ultima fissata per il 6 maggio. Con l’invio della memoria, l’esecutivo intende fornire la propria versione dei fatti e le motivazioni giuridiche alla base della gestione del caso.
Parallelamente, si apprende da fonti governative che la prossima riunione del Consiglio dei Ministri è stata fissata per venerdì 9 maggio alle ore 15:00. L’incontro si terrà a Palazzo Chigi e all’ordine del giorno potrebbero figurare diverse questioni di attualità politica ed economica.
Il governo italiano ha formalmente trasmesso alla Corte Penale Internazionale (CPI) dell’Aja la propria memoria difensiva in merito alla controversa vicenda di Njiiem Almasri, il comandante libico arrestato a gennaio e rimpatriato in Libia dopo pochi giorni. L’invio della documentazione è avvenuto lunedì, a ridosso della scadenza ultima della proroga ottenuta da Roma, inizialmente fissata per il 17 marzo e poi spostata al 22 aprile e successivamente al 6 maggio.
L’incartamento digitale, che riassume la posizione dell’esecutivo sulla vicenda, è ora al vaglio dei giudici con sede nei Paesi Bassi. La CPI contesta all’Italia di non aver dato seguito al mandato d’arresto internazionale emesso nei confronti di Almasri, di non averlo perquisito né sequestrato i suoi dispositivi e di aver impiegato fondi pubblici per il suo rimpatrio a Tripoli a bordo di un aereo dei servizi di intelligence.
Secondo indiscrezioni, la memoria difensiva italiana riprenderebbe le argomentazioni già esposte dal Ministro della Giustizia Carlo Nordio durante l’informativa al Parlamento lo scorso febbraio. In quell’occasione, Nordio aveva sostenuto che l’arresto del generale libico, accusato di crimini contro l’umanità, era avvenuto senza una preventiva consultazione con il suo ministero e che il mandato della CPI presentava “gravissime anomalie” tali da renderlo “radicalmente nullo”.
Il Ministro aveva inoltre ricordato che la legge 237 del 2012 attribuisce al Ministero della Giustizia la competenza “esclusiva” per la cooperazione con la CPI. Tuttavia, nel caso Almasri, via Arenula sarebbe stata esclusa fin dall’inizio. Nordio aveva ricostruito in Aula la cronologia degli eventi, evidenziando come una comunicazione informale dell’arresto, avvenuto a Torino il 19 gennaio alle 9:30, fosse pervenuta al ministero solo alle 12:37 tramite un funzionario Interpol. La richiesta formale di arresto da parte della Corte d’Appello di Roma e la successiva trasmissione della richiesta della CPI da parte dell’ambasciatore italiano all’Aja sarebbero arrivate solo il giorno successivo.
Nordio aveva sottolineato che la comunicazione della questura era giunta al ministero ad arresto già avvenuto, senza la preventiva trasmissione della richiesta di arresto a fini estradizionali. La CPI, dal canto suo, aveva dichiarato di aver avviato un dialogo con le autorità italiane per garantire l’efficace esecuzione del mandato.
Il Ministro aveva rivendicato il ruolo “politico” del suo dicastero, non riducibile a un mero “passacarte”, nell’analisi e valutazione delle richieste della CPI. Mentre il Ministero della Giustizia stava valutando la situazione, la Corte d’Appello di Roma aveva scarcerato Almasri, rilevando “irritualità” nell’arresto per la mancata interlocuzione preventiva con il Ministro. Nordio aveva quindi escluso negligenze da parte del suo dicastero, sostenendo che il documento della CPI presentava “una serie di criticità” che avrebbero reso impossibile un’immediata richiesta alla Corte d’Appello.
Ora la parola passa ai giudici della CPI, che dovranno esaminare la memoria difensiva italiana. Qualora non fossero convinti dalle argomentazioni presentate da Roma, il dossier potrebbe essere rinviato all’Assemblea degli Stati parte della CPI o al Consiglio di Sicurezza dell’ONU, aprendo nuovi scenari nella complessa vicenda.