
E’ stato definito un accordo storico quello alla 28esima Conferenza delle Nazioni Unite sui cambiamenti climatici a Dubai, che segna ‘l’inizio della fine dei combustibili fossili’. Il via libera è stato accolto con un’ovazione da quasi tutti i delegati dei 197 Paesi partecipanti più l’Unione europea. Non sono mancate le eccezioni, come quelle di qualche piccola isola-Stato come Samoa o qualche Paese vulnerabile come le Filippine, perché gli impegni sono su base volontaria e non prevedono vere sanzioni. L’accordo alla Cop28 è una “storica pietra miliare”, un “significativo passo che ci avvicina” a raggiungere gli obiettivi fissati sul clima, afferma Joe Biden ricordando che la “crisi climatica è una minaccia esistenziale del nostro tempo”. Il segretario generale dell’Onu, Antonio Guterres: “Per la prima volta si riconosce la necessità di abbandonare i combustibili fossili, dopo molti anni in cui la discussione su questo tema è stata bloccata”.
Per la prima volta in quasi 30 anni di Conferenze, entra in un documento della Copi ‘combustibili fossili’, ritenuti dagli scienziati i principali colpevoli delle emissioni di gas serra. Il Global stocktake indica che bisogna accelerare la fuoriuscita ‘entro questo decennio’ da petrolio, carbone e gas, che vanno via via abbandonati per azzerare le emissioni inquinanti entro il 2050. Sono gli idrocarburi, secondo gli scienziati, a provocare lo scioglimento dei ghiacciai, alluvioni, incendi, siccità. Tra gli impegni quello di triplicare la capacità delle rinnovabili e raddoppiare l’efficienza energetica entro il 2030. Impegni necessari a ‘mantenere vivo’ l’obiettivo di riscaldamento globale entro 1,5 gradi centigradi a fine secolo. L’accordo è arrivato dopo due settimane di negoziati a causa di un braccio di ferro tra alcuni Paesi dell’Opec produttori ed esportatori di petrolio e gas con l ‘Arabia Saudita in testa, seguita da Iran, Iraq, Kuwait e dall’alleato Russia, che non volevano nel testo il termine ‘phaseout’ (presente in altre bozze e poi tolto), cioè l’uscita dai combustibili fossili; dall’altro un fronte ‘ambizioso’ di circa 130 Stati con l’Ue e varie alleanze che vanno dalle piccole isole-stato agli Usa e l’Australia che spingeva per condizioni più severe. Per il ministro dell’Ambiente Gilberto Pichetto il compromesso raggiunto è “bilanciato e accettabile per questa fase storica, caratterizzata da forti tensioni internazionali che pesano sul processo di transizione. L’Italia, nella cornice dell’impegno europeo, è stata determinata per il miglior risultato possibile”.