
Se il Leone d’Oro all’82esima Mostra del Cinema di Venezia è andato, come da pronostico, a Jim Jarmusch per il suo “Father Mother Sister Brother”, la serata finale del Lido è stata dominata da un’unica, potente voce: quella di Gaza. La cerimonia di chiusura ha scardinato ogni timore di un festival isolato dalla tragedia che sta sconvolgendo il mondo, trasformandosi in una piattaforma per l’umanità, la resistenza e la testimonianza.
Il momento più toccante e significativo è arrivato con il Leone d’Argento – Gran Premio della Giuria assegnato a “The Voice of Hind Rajab”, il film di Kaouther Ben Hania che rievoca la straziante storia della bambina di 5 anni morta in un raid a Gaza. La cineasta, in un discorso commosso e potente, ha dedicato il premio alla Mezzaluna Rossa Palestinese, sottolineando come il cinema abbia il coraggio di dare voce a storie altrimenti sepolte. “La voce di Hind continuerà a risuonare finché giustizia non sarà fatta”, ha dichiarato, ricevendo una standing ovation.
Anche il cinema italiano ha fatto sentire la sua voce, con il Leone d’Argento alla regia a Benny Safdie e la Coppa Volpi a Toni Servillo come miglior attore per “La Grazia” di Paolo Sorrentino. Salito sul palco, Servillo ha ringraziato il regista napoletano ma ha voluto lanciare un messaggio forte e chiaro, “a nome di tutto il cinema italiano”, esprimendo ammirazione per la Flotilla, che con coraggio ha portato un segno di umanità in una terra dove “la dignità umana è vilipesa”. Un appello che ha trovato eco anche in Benedetta Porcaroli, miglior attrice nella sezione Orizzonti, che ha ricordato come l’umanità sia “un motivo valido per alzarsi la mattina”.
La Mostra è diventata così un coro unanime di appelli, non solo per la Palestina, ma anche per l’Ucraina, la popolazione Rohingya e i diritti in Iran. Gianfranco Rosi, che ha ricevuto il Premio Speciale della Giuria per il suo documentario “Sotto le nuvole”, ha idealmente condiviso il riconoscimento con gli altri documentaristi presenti, definendoli “avamposto e forza di resistenza” con il compito di testimoniare le atrocità del mondo. Rosi ha colto l’occasione per chiedere una sezione dedicata al documentario all’interno del festival, sottolineando come questo genere sia “sperimentazione e cinema”.
Nonostante le pause surreali e le regole scherzose della conduttrice Emanuela Fanelli, la cerimonia di premiazione è stata dominata dall’emozione e da discorsi sentiti. A chiudere la serata, il messaggio del patriarca di Gerusalemme Pizzaballa, che ha esortato a usare la cultura per creare un linguaggio contro l’odio, e l’auspicio del presidente della Biennale Pietrangelo Buttafuoco che “l’angelo della storia” abbia vegliato su questa edizione.
In un’edizione che ha visto il glamour fare un passo indietro, il cinema ha dimostrato, ancora una volta, di essere uno strumento potente per la riflessione, l’empatia e l’impegno civile.

Toni Servillo, fresca Coppa Volpi per la sua interpretazione nel film “La grazia” di Paolo Sorrentino, ha commentato il suo ruolo di Presidente della Repubblica come un appello all’umanità, una qualità che, a suo dire, “la politica non deve mai dimenticare”.
Ma il momento più vibrante è arrivato quando l’attore, con voce ferma, ha voluto dedicare un ringraziamento speciale. “Consentitemi, a nome di un sentimento che tutto il cinema italiano prova”, ha dichiarato, “di esprimere ammirazione per coloro che hanno deciso di mettersi in mare con coraggio, di raggiungere la Palestina e di portare un segno di umanità in una terra dove quotidianamente e in maniera crudele la dignità umana è vilipesa”. Un chiaro riferimento alla Flotilla, che ha raccolto il plauso di Servillo e di tutta la delegazione italiana. L’attore ha poi rivolto i suoi ringraziamenti a Sorrentino, “questo presidente è una tua creazione”, ai produttori, e alla giuria presieduta da Alexander Payne, “verso cui nutro una devozione come regista da anni”.
Tra i vincitori ha parlato anche Gianfranco Rosi, già Leone d’Oro e oggi premiato con il Premio speciale della Giuria per “Sotto le nuvole”, un ritratto in bianco e nero di una Napoli sospesa. Il regista ha colto l’occasione per lanciare un accorato appello al mondo del cinema. “C’è stato un momento in cui i documentari si aprivano al cinema, poi con l’arrivo delle piattaforme tutto è cambiato e si è perso il senso del racconto”, ha spiegato Rosi, augurandosi che la Mostra possa creare una sezione ad hoc per il genere.
Ricevendo il premio, Rosi ha voluto condividerlo idealmente con tutti i 15 documentaristi presenti al festival, considerandoli “avamposto e forza di resistenza” con il compito di testimoniare “le atrocità di questo mondo”. Ha concluso il suo intervento con un sentito ringraziamento a tutte le persone che lo hanno supportato nel suo lavoro, in particolare le persone che ha ripreso durante i tre anni di riprese per “Sotto le nuvole”. “Voglio dedicare questo premio a tutti coloro che sono nel film”.