
Lega e Forza Italia non votano la fiducia a Draghi al Senato. Si avvicinano lo scioglimento del Parlamento e il voto. E’ l’epilogo di una giornata drammatica vissuta tra Palazzo Madama, Palazzo Chigi e il Quirinale e della crisi aperta dal M5s. Anche Mattarella e’ sceso in campo per indurre il centrodestra a non far cadere il governo, parlando con i leader della maggioranza. Si trattava di accettare il nuovo patto proposto dal presidente del Consiglio: ‘Siete pronti? La risposta non dovete dare a me, ma agli italiani’, aveva detto nelle comunicazioni della mattina. ‘Il sostegno che ho visto nel Paese, mi ha indotto a riproporre un patto di coalizione e a sottoporlo al vostro voto, voi decidete. Niente richieste di pieni poteri’, ha detto Draghi nella replica prima di chiedere la fiducia, che Forza Italia e Lega non hanno votato, lasciando l’Aula. Mario Draghi dovrebbe fare domani mattina un rapido passaggio alla Camera, per comunicare ai deputati la volontà di dimettersi. Poi dovrebbe riunire il Consiglio dei ministri, per annunciarlo ai membri dell’esecutivo, come da prassi. Infine la salita al Colle per rassegnare le dimissioni nelle mani del presidente della Repubblica, Sergio Mattarella.
Il governo incassa il sì alla fiducia, ma sono appena 95 i voti a favore -Pd, Iv, Leu, Ipf e Italia al Centro- numeri lontani da quelli necessari per rimettere insieme la maggioranza. Ai partiti il premier chiede se sono “pronti” a “rinnovare il patto di fiducia” per il quale si erano impegnati 18 mesi fa. Elenca le cose fatte, chiede impegni precisi su quel che resta da fare, dal ddl concorrenza con le riforme da scrivere su taxi e balneari, alla giustizia, dal Pnrr alle misure per mettere il Paese in sicurezza sul fronte energia, perché “non è possibile affermare di volere la sicurezza energetica degli italiani e poi, allo stesso tempo, protestare contro queste infrastrutture”. ” All’Italia non serve una fiducia di facciata, che svanisca davanti ai provvedimenti scomodi – scandisce – Serve un nuovo patto di fiducia, sincero e concreto, come quello che ci ha permesso finora di cambiare in meglio il Paese”. Parla agli italiani l’inquilino di palazzo Chigi, perché è “per loro” che lui è in aula ed è “a loro” che le forze politiche devono risposte. Dopo le sue parole, però, i distinguo crescono. Soprattutto da parte della Lega. Matteo Salvini non gradisce la sottolineatura fatta su concorrenza e fisco. Roberto Calderoli firma una risoluzione che propone un Draghi bis, mettendo fuori il M5S e chiedendo un rimpasto: il Senato, si legge, “accorda il sostegno all’azione di un governo profondamente rinnovato sia per le scelte politiche sia nella composizione”. Nel frattempo il leader del Carroccio vede Silvio Berlusconi. Anche Giancarlo Giorgetti è presente, ma al più ‘governista’ degli uomini del Carroccio non resta che prendere atto della situazione: “Salvini e Berlusconi vogliono votare”, confida ai suoi. Enrico Letta definisce quella appena trascorsa “una giornata folle”. Sergio Mattarella sente sia Salvini che Berlusconi, ma ormai la decisione è presa. A depositare un’altra mozione è Pier Ferdinando Casini. Il testo recita testualmente: “Udite le comunicazioni” del presidente del Consiglio “il Senato approva”. “Capiremo dal voto delle risoluzioni cosa vogliono fare i partiti”, insistono da palazzo Chigi. Nel corso della replica Draghi usa ancora una volta parole chiare: “Il sostegno che ho visto nel Paese, la mobilitazione di questi giorni da parte di cittadini, associazioni, territori a favore della prosecuzione del governo è senza precedenti e impossibile da ignorare. E’ questo sostegno che mi ha indotto a proporre o riproporre il patto di coalizione e sottoporlo al vostro voto. Siete voi che decidete. Quindi niente richieste di pieni poteri”, scandisce prima di porre – lui in prima persona, togliendo dall’ambasce il ministro per i Rapporti con il Parlamento Federico D’Incà – la questione di fiducia sulla risoluzione a firma Casini. Allo “stupore” del centrodestra per aver scelto il testo di “un parlamentare eletto con la sinistra”, segue una riformulazione del testo di Calderoli, sottoscritta questa volta da tutto il centrodestra che propone l’appoggio esterno. Lega e FI non voteranno la fiducia. Giuseppe Conte alla fine sceglie di mantenere l’astensione: “Draghi ha avuto un atteggiamento sprezzante – accusa a sera – siamo stati messi alla porta”. Il premier dopo il voto decide di non salire al Quirinale. Potrebbe annunciare alla Camera le sue dimissioni, convocare il Cdm per annunciare la scelta di lasciare e poi andare al Quirinale per ribadire le sue intenzioni.
La turbolenta giornata politica in Italia tiene banco nelle home page dei principali siti internazionali di informazione. “Draghi fallisce nel tentativo di rilanciare il governo”, sintetizza la Bbc. “Dopo un anno e mezzo, il suo governo ad ampia base che comprende destra e sinistra è destinato a crollare”. In Spagna, ‘El Pais’ riassume: “L’Italia, alle prese con la vertigine delle elezioni anticipate per non aver sostenuto i partner di governo di Draghi”. “Draghi ottiene la fiducia del Senato ma il suo governo è prossimo all’implosione dopo le defezioni di tre partiti”, è il titolo del francse ‘Le Monde’. “Draghi sbaglia l’obiettivo nel voto di fiducia: probabili dimissioni”, è l’apertura di Frankfurter Allgemeine Zeitung. “Mario Draghi rischia la fine perché la coalizione italiana si rifiuta di sostenerlo. Nuove elezioni incombono”, scrive ‘Politico.eu’. Anche negli Stati Uniti c’è grande attenzione agli ultimi sviluppi del nostro governo. “Il primo ministro italiano Mario Draghi subisce un duro colpo mentre i partiti chiave boicottano il voto di fiducia”, si legge sul sito della Cnn. Così il ‘Wall Street Journal’: “Mario Draghi rischia di dimettersi nonostante la vittoria del voto di fiducia. Le astensioni di massa di tre grandi partiti politici indicano che il primo ministro non ha più il sostegno della maggioranza del parlamento”.
Per il ministro per gli Affari regionali e le autonomie, Mariastella Gelmini “oggi e’ stato fatto un danno gigantesco”, perche’ “per rincorrere la Meloni e le elezioni, che ci sarebbero state comunque tra qualche mese, si getta il Paese nel caos”. Questa, ha sottolineato l’ex esponente di Forza Italia, “e’ una responsabilita’ che FI e Lega hanno e della quale dovranno rispondere di fronte ai cittadini”.
Maria Stella Gelmini, ministro per gli affari regionali non condivide lo strappo di Forza Italia dalla maggioranza pro-Draghi, con la scelta di boicottare la fiducia al governo. E lascia il partito al quale rivolge parole durissime. “Non posso riconoscermi in questa scelta – ha detto intervenendo allo speciale del Tg1 Rai – che ci mette sullo stesso piano del Movimento 5 stelle. Credo personalmente che non sia attribuibile direttamente al presidente Berlusconi. Sono convinta che se il presidente Berlusconi avesse potuto non essere spettatore ma poter valutare l’operato del governo Draghi e al tempo stesso la crisi da Roma in presenza durante queste giornate, credo che l’esito della crisi sarebbe stato diverso”. Gli ha parlato? “No – risponde Gelmini – non gli ho parlato, anche perchè devo dire che sono stati fatti incontri tardivi con i gruppi parlamentari, solo oggi, e francamente i ministri non sono mai stati coinvolti nelle riunioni di partito. Quindi ho preso atto di questa esclusione dalle scelte. Ma sono scelte – incalza il ministro – che riguardano tutti, che ricadono sulle famiglie, sui cittadini, sulle imprese, sui ceti produttivi che tanto si sono battuti in questi giorni per chiedere a Draghi di rimanere e chiedere alla politica un sussulto di responsabilità. Tutto questo Forza Italia non lo ha condiderato e io credo che in quel momento ha tranciato il suo rapporto non solo con la sottoscritta, che conta poco, ma credo con tanti cittadini e tanti elettori che chiederanno conto di questa scelta scellerata, che lascia i cittadini più deboli e che lascia l’Italia nell’instabilità”.
Dopo il voto di fiducia espresso a Draghi nell’aula del Senato, in dissenso con la linea di Fi, Andrea Cangini viene dato a un passo dall’addio al partito. La decisione potrebbe essere formalizzata domani. E se dovesse lasciare passerebbe al Misto.