
Il dibattito sulla nuova legge elettorale prende piede, con le forze politiche che iniziano a definire le proprie posizioni. Dopo le sollecitazioni delle opposizioni, in particolare dalla minoranza del PD con Stefano Bonaccini e Piero De Luca che chiedono l’introduzione delle preferenze, il tema si fa pressante anche all’interno della maggioranza, decisa ad abbandonare l’attuale Rosatellum.
Il sistema vigente, che nel 2022 ha garantito al centrodestra il 60% dei seggi con il 44% dei voti grazie alle divisioni del centrosinistra, è ormai ritenuto superato. L’ipotesi più accreditata, sulla quale starebbero lavorando gli “sherpa” dei partiti di centrodestra (Giovanni Donzelli per FdI, Alessandro Battilocchio per FI, Andrea Paganella per la Lega e Pino Bicchielli per Noi Moderati), prevede un sistema proporzionale con un premio di maggioranza per la coalizione che superi una certa soglia, ipoteticamente il 40 o 42%.
Questa formula, che richiama il vecchio “Porcellum”, giudicato incostituzionale dalla Consulta per le lunghe liste bloccate, potrebbe essere “costituzionalizzata” attraverso l’introduzione delle preferenze. Una soluzione caldeggiata da Forza Italia con Antonio Tajani e Battilocchio. Un’alternativa, proposta in passato da Ignazio La Russa, prevederebbe capilista bloccati e preferenze per gli altri candidati. Tuttavia, l’idea delle preferenze incontra resistenze in alcuni partiti, per il timore di una bocciatura in aula a scrutinio segreto. Le preferenze, infatti, sono sgradite ai leader che perderebbero la certezza di mandare in Parlamento i fedelissimi, ma anche a molti parlamentari per i costi elevati e la competizione interna che generano.
Tra le altre ipotesi circolate nelle scorse settimane, si fa strada il recupero di un sistema utilizzato per il Senato fino al 1992 e per le province fino al 2014, ribattezzato “Provincellum”. In questo modello, in ogni circoscrizione verrebbero stabiliti tanti collegi uninominali quanti i seggi da assegnare, con i partiti che presentano i propri candidati. La distribuzione avverrebbe in modo proporzionale ai voti ottenuti dai partiti, che eleggerebbero i candidati con il maggior numero di preferenze nei rispettivi collegi.