
Un blitz a sorpresa, anticipato di oltre due settimane rispetto alla data fissata, ha messo fine all’occupazione dello storico centro sociale milanese Leoncavallo. Le operazioni, scattate alle prime luci dell’alba di ieri in via Watteau, hanno segnato la fine di quasi 30 anni di attività in uno dei luoghi simbolo della controcultura meneghina. L’intervento, coordinato dalla Prefettura e supportato da un ingente schieramento di forze dell’ordine, è stato commentato dai massimi esponenti del governo, che hanno salutato l’azione come un passo decisivo per il ripristino della legalità.
La premier Giorgia Meloni ha twittato: “In uno Stato di diritto non possono esistere zone franche o aree sottratte alla legalità”. Sulla stessa linea, il ministro dell’Interno Matteo Piantedosi ha parlato della “fine di una lunga stagione di illegalità”, mentre il vicepremier Matteo Salvini ha esultato con un “Finalmente si cambia: afuera!”.
All’esterno del centro sociale, un presidio spontaneo di attivisti e sostenitori ha scandito slogan come “Viva il Leoncavallo”. Marina Boer, presidente dell’associazione Mamme del Leoncavallo, ha espresso profonda amarezza. “È una tragedia,” ha detto, definendo l’epilogo “triste e doloroso” e sottolineando la mancanza di dialogo. Ha inoltre confermato che l’associazione ha 30 giorni per recuperare gli oggetti rimasti all’interno dell’immobile, e che si rivolgerà ora alla città per cercare un nuovo spazio.
L’operazione ha colto di sorpresa anche il sindaco di Milano, Giuseppe Sala, che pur non opponendosi allo sgombero aveva confermato che era previsto per il 9 settembre. “A mio parere, questo centro sociale deve continuare a emettere cultura, chiaramente in un contesto di legalità”, ha commentato Sala, esprimendo la sua contrarietà al modo in cui si è svolta l’operazione.
L’immobile di via Watteau era occupato senza titolo dal settembre 1994, quando il Leoncavallo vi si era trasferito dopo lo sgombero dalla sua prima sede in via Leoncavallo. Nel corso degli anni, i tentativi di sfratto sono stati molteplici, culminati in una condanna del Ministero dell’Interno a risarcire i proprietari per il mancato sgombero, un importo che ora il Viminale ha richiesto all’associazione del centro sociale. La Prefettura ha giustificato l’anticipo dello sgombero per “evitare ulteriori azioni risarcitorie nei confronti dello Stato”. Al momento dell’irruzione, l’edificio era vuoto.