La tensione sale al massimo storico: Marines simulano sbarchi a Porto Rico e attaccano presunti narcos. Mosca minaccia l’invio di missili a Caracas, riattivando lo spettro della Dottrina Monroe
Le tensioni tra Stati Uniti e Venezuela hanno raggiunto un nuovo picchio, alimentate da un imponente dispiegamento di forze militari americane nel Mar dei Caraibi e da dichiarazioni bellicose da parte del Presidente USA Donald Trump. “Dubito che andremo in guerra, ma [Maduro] ha i giorni contati”, ha dichiarato Trump in un’intervista alla “Cbs News”, pur escludendo l’ipotesi di un conflitto aperto.
Il leader americano ha giustificato le recenti manovre, che hanno visto l’invio della portaerei USS Gerald R. Ford e i voli di bombardieri B-1 vicino alle coste venezuelane, come misure per contrastare il traffico illecito di droga e proteggere la patria.
L’attività militare statunitense è tutt’altro che routinaria. Il Pentagono ha diffuso un video di forte impatto mediatico che mostra la 22ª Unità di Spedizione dei Marines impegnata in “operazioni di addestramento” a Porto Rico, simulando sbarchi e infiltrazioni con mezzi anfibi ed elicotteri. Contemporaneamente, le operazioni antidroga hanno portato a un attacco contro una presunta imbarcazione di narcotrafficanti nei Caraibi, in cui sono rimaste uccise tre persone.
Secondo gli analisti, la concentrazione di uomini e mezzi — il più grande dispiegamento navale USA nella regione dalla Crisi dei Missili di Cuba del 1962 — lascerebbe intendere che l’obiettivo vada oltre la sola lotta ai cartelli: si tratterebbe di un tentativo mirato a “far tremare il regime di Maduro e i generali che lo circondano, nella speranza di creare delle fratture interne” e costringere il leader all’esilio.
In risposta all’esibizione di forza americana, Mosca ha lanciato messaggi ambigui che complicano lo scenario internazionale. Da un lato, la Russia condanna l’uso “eccessivo di forza militare” nelle operazioni antidroga e invita a evitare nuovi conflitti; dall’altro, minaccia apertamente il possibile invio di missili russi a Caracas e paventa “potenziali sorprese” per gli Stati Uniti.
A rendere più concreto il timore di un’imminente escalation è l’ammodernamento delle infrastrutture militari americane nella regione. L’esercito USA sta infatti ripristinando la ex base navale di Roosevelt Roads a Porto Rico, chiusa più di 20 anni fa. I lavori includono la riasfaltatura delle piste di atterraggio. La base, strategicamente posizionata a circa 800 km dal Venezuela, fu una delle più grandi stazioni navali al mondo e il suo riutilizzo suggerisce chiari preparativi per eventuali azioni future.
Sul fronte legale, il Dipartimento di Giustizia ha comunicato al Congresso che l’amministrazione non ritiene i raid contro i trafficanti di droga vincolati alla War Powers Resolution del 1973. La norma, approvata per evitare conflitti lunghi e non dichiarati, imporrebbe l’approvazione del Parlamento per operazioni militari ostili oltre il termine di 60 giorni. Secondo il Dipartimento, gli attacchi non rientrano nella definizione di “ostilità”, ma in un “conflitto armato non internazionale” contro i narcos, alimentando il sospetto che l’obiettivo finale sia un cambio di regime, in una mossa che alcuni media accostano al rispolvero della storica Dottrina Monroe.