
Una nuova frontiera per la sostenibilità energetica europea: l’energia solare raccolta nello spazio. Secondo un innovativo studio del King’s College di Londra, pubblicato sulla rivista scientifica Joule, questa tecnologia potrebbe rivoluzionare il panorama delle rinnovabili, riducendo fino all’80% il fabbisogno energetico dell’Europa e abbattendo i costi di circa 36 miliardi di euro all’anno.
Per la prima volta, i ricercatori hanno valutato l’impatto potenziale di un progetto della NASA (modello RD1) che prevede il posizionamento di enormi pannelli solari su satelliti in orbita. A differenza degli impianti terrestri, questi pannelli avrebbero accesso alla luce solare 24 ore su 24, senza subire interruzioni dovute a nuvole o al ciclo giorno-notte. L’energia raccolta verrebbe poi trasmessa a stazioni di terra e immessa nella rete elettrica.
“Per la prima volta abbiamo dimostrato l’impatto positivo che questa tecnologia potrebbe avere per l’Europa”, ha dichiarato il professor Wei He, autore principale dello studio. “Sebbene la fattibilità sia ancora in fase di valutazione, la nostra ricerca ne evidenzia l’enorme potenziale economico e ambientale se adottata.”
Secondo lo studio, l’adozione di questa tecnologia permetterebbe di ridurre di oltre due terzi il fabbisogno di batterie per l’accumulo di energia, risolvendo uno dei principali problemi delle fonti rinnovabili intermittenti. L’analisi stima che il risparmio sui costi totali del sistema energetico europeo (produzione, stoccaggio e infrastrutture) potrebbe arrivare al 15%, pari a circa 35,9 miliardi di euro all’anno.
L’energia solare spaziale si dimostra inoltre più affidabile e resiliente, in quanto non soggetta a disastri naturali come inondazioni e terremoti. Sebbene la strada per la sua implementazione sia ancora lunga, i risultati dello studio aprono a una nuova prospettiva per raggiungere l’obiettivo europeo di zero emissioni nette entro il 2050.
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