Nessuna attivita’ di spionaggio, i server all’estero utilizzati per lavoro. Giulio Occhionero – arrestato con la sorella con l’accusa di avere sottratto mail e dati personali a politici e imprenditori – si difende cosi’ per bocca del suo avvocato. “E’ una vicenda ancora tutta da scrivere – spiega il legale – e lui nega di aver fatto alcunche’ di illecito”. E mentre il capo della Polizia Gabrielli assegna ad altro incarico il capo della Postale per aver sottovalutato la portata dell’indagine senza informare i vertici del Dipartimento di pubblica sicurezza, il garante della Privacy Soro lancia l’allarme: il sistema di sicurezza cibernetica nel Paese e’ in grave ritardo.
“I diciottomila nickname non sono roba mia. Chi mi dice che il virus non lo abbiate messo voi nel mio sistema, violando la mia privacy?”. E’ quanto sostenuto da Giulio Occhionero, l’ingegnere nucleare finito agli arresti insieme alla sorella Francesca Maria per una presunta attività di cyberspionaggio ai danni di istituzioni, società e di personaggi politici. Occhionero, che ha risposto oggi alle domande del gip nel corso del suo interrogatorio di garanzia, ha spiegato che nei suoi server negli Stati Uniti, nei quali secondo gli inquirenti sarebbero conservati i documenti carpiti in Italia grazie a un malware, sarebbe contenuto esclusivamente materiale personale e lecito, legato alla sua attività lavorativa. Lo stesso indagato, ha comunque rifiutato di fornire alla procura capitolina la password per accedere ai server, invocando il suo diritto alla privacy. Per poter accedere al contenuto dei server, la procura di Roma invierà una rogatoria negli Stati Uniti. La gran parte dei documenti conservati sulle macchine utilizzate dai due indagati a Roma sono invece stati cancellati utilizzando dei particolari programmi che renderebbero molto difficile il loro recupero da parte degli investigatori.
Intanto, stando a quanto emerso dalle indagini e accertato dalla polizia postale, gli accessi alle caselle di posta elettronica di Matteo Renzi, Mario Monti e Mario Draghi sarebbero stati solamente tentati e, allo stato, non ci sarebbe evidenza di un accessi effettivamente riusciti. La procura di Roma, intanto, è decisa a verificare se esistano o meno legami tra i fratelli Occhionero e la P4. Le due vicende, infatti, sarebbero accomunate dal fatto che in una versione del virus diffusa alla fine del 2010 i dati criptati dalle macchine compromesse venivano inviati anche a una casella elettronica già nota agli inquirenti proprio nell’ambito del procedimento sulla P4.