
L’euforia post-elettorale lascia rapidamente il posto a nuove, profonde frizioni all’interno della maggioranza di governo. Il braccio di ferro, a lungo latente, tra Giorgia Meloni e Matteo Salvini esplode su due fronti cruciali: la riforma fiscale e l’ipotesi di un terzo mandato per i governatori regionali.
Mentre la premier ribadisce la priorità del taglio dell’Irpef, in particolare per il ceto medio, il leader della Lega insiste sulla “pace fiscale” e la “rottamazione delle cartelle”, definendola non solo una priorità ma una vera e propria “emergenza” per l’economia del Paese.
La giornata si apre con la sorpresa della presenza di Giorgia Meloni agli Stati generali dei commercialisti. Un intervento a sorpresa, accolto con standing ovation, durante il quale la premier rilancia la sua visione di un “Fisco che deve aiutare e non opprimere”, forte dei “migliori risultati della storia nella lotta all’evasione”. La promessa è chiara: la riforma dell’Irpef “non è finita”, e l’obiettivo è concentrarsi sul ceto medio, con tagli alle aliquote per i redditi tra 28mila e 50-60mila euro, come ribadito anche dal viceministro dell’Economia Maurizio Leo.
Contemporaneamente, però, si consuma a Palazzo Chigi un vertice di governo sul fine vita. Ed è proprio da quel tavolo che, in controtendenza con gli annunci della premier, Matteo Salvini fa filtrare una nota inequivocabile: “Per la Lega e per il governo una giusta, attesa e definitiva pace fiscale, una rottamazione di milioni di cartelle esattoriali che stanno bloccando l’economia del Paese, sono una priorità, anzi una emergenza”. Una mossa che non passa inosservata, e che viene interpretata come un chiaro segnale di dissenso. Il partito di Salvini, in asse con il ministro Giancarlo Giorgetti, lavora da settimane a una proposta che costerebbe circa un miliardo di euro, ma sull’utilizzo del “tesoretto” derivante dal calo dello Spread e dalle promozioni delle agenzie di rating, l’intesa tra gli alleati è lontana.
Il malumore nei “piani alti del governo” non si limita al fisco. L’ipotesi di un terzo mandato per i governatori regionali è un altro fronte aperto. Nonostante l’apertura annunciata dal suo partito, Meloni non sembrerebbe particolarmente interessata a sdoganare questa possibilità, trovando in Antonio Tajani un alleato inaspettato. “Siamo contrari,” ribadisce il leader di Forza Italia, sottolineando come la questione non possa essere affrontata “alla vigilia del voto”, con un chiaro riferimento alle Regionali di autunno in Veneto e Campania.
Le frizioni si estendono anche al capitolo della cittadinanza. Meloni non intende modificare la legge attuale, e la Lega chiarisce che non c’è spazio né per lo Ius Soli richiesto dalle opposizioni, né per lo Ius Scholae proposto da Forza Italia. “Noi andiamo avanti,” assicura Tajani, “Non devo chiedere il permesso in Parlamento per presentare una legge. In politica si discute io non do ordini, ma nemmeno li prendo”.
L’euforia post-referendum sembra ormai un lontano ricordo. Le recenti mosse della Lega, comprese alcune manovre in Rai, alimentano sospetti di un riposizionamento in questa delicata seconda fase della legislatura. La sintesi dei ragionamenti ai piani alti del governo è tagliente: “Salvini si mette di traverso su tutto”. Il destino di questo braccio di ferro interno alla maggioranza è destinato a influenzare profondamente gli scenari politici dei prossimi mesi.