I due capistazione di Andria e Corato, Vito Piccarreta e Alessio Porcelli, hanno “cagionato l’incidente ferroviario” di Corato. E’ quanto sostengono i pm nell’avviso di garanzia notificato ai due indagati. Accertamenti anche su un organo periferico DEL ministero. Il capo dello Stato a Bari, i parenti delle vittime: ‘ci ha promesso giustizia’. L’Anac: c’e’ una difficolta’ ‘atavica’ a fare le infrastrutture di cui l’ Italia ha bisogno, anche a causa della corruzione.
Compaiono i primi nomi sul registro degli indagati. Le ipotesi di reato sono di disastro ferroviario colposo e omicidio colposo plurimo. Sospesi i capistazione di Andria e Corato, mentre e’ stato istituito un pool di magistrati per indagare anche sulle cause strutturali dell’accaduto. Nel pomeriggio il presidente Mattarella ha reso omaggio alle vittime nel Policlinico di Bari dove cresce la rabbia dei parenti, alcuni gridano ‘assassini’. Sabato i funerali, oggi saranno effettuati gli esami con la Tac sulle salme, mentre domani verranno svolte le autopsie vere e proprie, ma solo sul personale delle ferrovie.
“E’ vero quel treno non doveva partire. E quella paletta l’ho alzata io: non sapevo che da Corato stesse arrivando un altro treno per questo ho dato il via libera”. Lo afferma a Repubblica il capo stazione di Andria, Vito Piccarreta. “In questa storia – aggiungono poi lui e la moglie dal citofono di casa, sempre secondo quanto riferisce Repubblica – anche noi siamo delle vittime. Siamo disperati ma un solo errore non puo’ aver causato tutto questo”. “Stiamo soffrendo – dice la moglie – quelle immagini sono inaccettabili, tutto quel dolore, quello che e’ accaduto e’ incredibile. Ma non e’ pensabile dare la colpa di quello che e’ successo soltanto a un errore umano. Non e’ cosi'”. “Ho fatto partire io quel treno – dice Piccarreta anche alla Stampa – sono stato io ad alzare la paletta. C’era confusione, i treni erano in ritardo e..”. E al Corriere della Sera ribadisce, “Adesso tutti mi buttano la croce addosso, ma la vera vittima sono io”.
Il dolore per le perdite non si attenua ma adesso sta montando il sentimento di rabbia dei parenti delle vittime dell’incidente ferroviario in Puglia in cui hanno perso la vita 23 persone. All’esterno dell’istituto di Medicina patologica del Policlinico di Bari, dove ci sono le salme, stanno tornando oggi i parenti, alcuni dei quali sono rimasti qui a vegliare i propri cari durante la notte. “Assassini – urlano in lacrime alcuni – siete degli assassini, i nostri cari non torneranno mai piu'”. “Per evitare scene di strazio pubblico e per consentire loro di stare piu’ tranquilli”, spiega il professore Francesco Introna, direttore dell’istituto di Medicina legale, “stiamo facendo accomodare i parenti in una aula dell’istituto” dove ci sono bevande fresche e aria condizionata.
La procura di Trani ieri in serata avrebbe iscritto alcune persone nel registro degli indagati. Si tratterebbe di dirigenti e personale della società ferroviaria che gestisce la tratta in cui è avvenuta la strage. Con ogni probabilità, la decisione è maturata in seguito alla necessità di compiere atti irripetibili che prevedono la nomina di consulenti di parte. Il fascicolo aperto per disastro ferroviario e omicidio colposo plurimo coinvolge il personale ferroviario. Intanto oggi nel pomeriggio al Policlinico di Bari si recherà il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, per rendere omaggio alla vittime dell’incidente ferroviario avvenuto tra Corato e Andria. 23 i deceduti nello schianto, 52 i feriti, otto dei quali in prognosi riservata ma non in pericolo di vita. Nessun disperso.
Il Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, recatosi presso l’Istituto di Medicina legale per rendere omaggio alle vittime del disastro ferroviario avvenuto tra Andria e Corato, ha voluto incontrare singolarmente i vari nuclei familiari delle vittime.
“E’ di tutta evidenza che qualcuno ha aperto il segnale e quel qualcuno è il capostazione e dovrà spiegare perché l’ha fatto, cosa è successo, diciamo che tutti sono innocenti fino a prova contraria quindi è giusto che gli si dia la possibilità di giustificarsi nelle sedi opportune ovviamente”. Lo ha detto Massimo Nitti, amministratore delegato di Ferrotramviaria, proprietaria del tratto su cui è avvenuto il disastro ferroviario in Puglia, su Radio 24. “Purtroppo c’era un treno di troppo – ha detto – sicuramente il treno di Andria non doveva partire, questa è l’unica cosa certa, adesso dobbiamo capire perché è partito e soprattutto cosa non ha funzionato nella catena di controllo, perché la responsabilità della partenza era ed è dei capi stazione però qualcosa comunque doveva intervenire perché questo non accadesse. Dobbiamo capire come è stato possibile l’errore di una persona soltanto, perché per come sono strutturati i regolamenti il capostazione poteva sbagliare ma qualcuno si doveva accorgere che stava sbagliando”. E alla giornalista che chiede chi avrebbe dovuto accorgersi che stava sbagliando, Nitti risponde: “quel treno doveva incrociare un altro treno, ci si doveva porre la domanda di come mai quel treno non è arrivato in stazione. Il capostazione avrebbe potuto chiedere uno spostamento di incrocio su Corato, ma avrebbe dovuto presentare i documenti di spostamento di incrocio al macchinista e al capotreno, in ferrovia tutto è strutturato in modo tale che un uomo da solo difficilmente possa fare dei guai” Quanto agli investimenti previsti per l’ammodernamento della linea, Nitti chiarisce: “qui la sicurezza non può essere messa in discussione, ogni sistema ha i suoi livelli di sicurezza, l’ammodernamento, e quindi l’investimento, era finalizzato all’aumento della potenzialità della linea, quindi fare più treni, che significa aumentare necessariamente i livelli di sicurezza, il blocco automatico permette di mandare i treni uno dietro all’altro anche a distanza di tre minuti quindi a quel punto il sistema di controllo della marcia dei treni diventa fondamentale, perché quando su una stessa linea mando 1, 2 o 3 treni a distanza di tre minuti uno dall’altro va dato un supporto al macchinista. Però non dobbiamo mai dimenticare che il fattore umano è preponderante anche con i sistemi di supporto. Si chiamano sistemi di supporto alla marcia – conclude – non garantiscono una sicurezza infinita, l’uomo deve fare il suo dovere, deve rispettare il regolamento sempre”.